martedì 4 settembre 2012

...ad es. derrida individua

...ad es. derrida individua (sulla base di condillac,  quale struttura profonda e specifica della scrittura l’agire in assenza
, e da ciò trae conclusioni varie molto chic e alla moda sul rapporto fra scrittura e morte, sulla polisemia, sulla rottura del contesto e l’autonomia del testo ecc.  verificando in profondità l’analisi sorgono però dei dubbi. se con un muto o un sordo comunichiamo con la scrittura, stiamo scrivendo in assenza? si potrebbe dire al massimo che il sordo è assente come “ascoltatore” –  e sarebbe sofistico - , ma non come decodificatore, e insomma come corpo. e se 2 innamorati incidono i loro nomi in un cuore? certo si può argomentare che stanno scrivendo “al mondo” assente, stanno pubblicando il loro amore, ma non so se sarebbe l’interpretazione più profonda. a me pare che qui la scrittura abbia la funzione del bacio, che potenzia la comunicazione fino allora stabilita con gli sguardi, o le parole. e se scriviamo la condanna sul corpo del condannato, come la macchina di kafka (nella colonia penale), se la scriviamo in un altro che morirà – di scrittura – un istante dopo? certo, se lo facciamo in “una lingua”, stiamo già agendo all’interno di un sistema sorretto da destinatari assenti. ma non vale anche per la comunicazione verbale? e poi l’essenza di quella pena, qual è?  a me pare sia quella di “affondare” la legge più dolorosamente nel corpo. e il bambino infante? non scrive. disegna. bene, e  allora chi disegna?  e il graffitista di Lascoux?
a me sembra insomma che l’assenza del destinatario sia il vantaggio maggiore della scrittura, ma non sia ciò che specificamente la distingue dalle altre comunicazioni, che non ne costituisca la struttura. e che essenzialmente la scrittura, come appare intuitivamente, sia invece una materializzazione della comunicazione. ogni impressione, incisione, duplicazione, rovesciamento di una comunicazione in un supporto esterno, non volatile, in un corpo, in una cosa, un elemento  in continuità profonda ma discontinuità percettiva con l’emittente, è scrittura. se ne traggono tesi differenti riguardo alle teorie alla moda, e a volte opposte (l’autorialità resta centrale, anzi potenziata e disseminata, e si viene qui all’analogia col transfert genetico individuata da renè thom), ma resta intatta la conclusione fondamentale, e importantissima di derrida, quella che ogni comunicazione partecipa della forma profonda della scrittura. si potrebbe obiettare che questa definizione è meno sottile dell’altra. appunto.

beh, l'ho un po' sparata così, è dificile discutere da un blog di un pensiero profondo e complesso come quello di derrida... però si deve fare, nella provvisorietà del blog...

data anticipata per motivi tecnici. data reale di pubblicazione 20-9-12

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