lunedì 9 dicembre 2013

ANHA SAPTA (epoca 7, in sanscrito maccheronico)


posto un raccontino diciamo così tradizionale...dire che l'occasione è stata offerta dall'elezione di matteo renzi sarebbe eccessivo, ma un legame non tanto superficiale c'è...
                                                
Elia, Louvenia, bas

 

Si dice che quando i q…u avevano gli occhi, la vita era più vera. Si dice che

c’era l’azzurro… era una miscela di campi tensoriali, matrici e fotoni, che produceva

un sentimento distinto di isotropia e levigatezza… c’era la terra… c’era

un’altra lingua. Certo coll’averna-sensor (o owl-eye) percepisci molto di più

che con gli occhi, se non li avessi non vedresti le volizioni, o i banana-data del

cielo, o il futurione nei fatti, insomma cose senza cui ora non ci adatteremmo

più a vivere.

Doveva essere havaltico, si diceva Gkino, quello di cui dice Bl, un tramonto

rutilante in cui il sole sia sferico, il cielo un piano cromotropo e olomorfo, sparpagliato

di chiazze che sprofondano vertiginosamente da una stringa a un’altra,

discontinue, linguistiche – anche se tutto infine era nulla… un’abitudine…

un meccanismo che ha fatto il suo tempo.

Gkino stava seduta a cosce larghe sul filo della scogliera del gas, in un angolo

straordinariamente spopolato: gas a perdita d’occhio, che mandava un odore

svampito di metano giallo, che ribolliva un po’ ogni tanto, mentre lei, col membro

eretto, si avvolgeva in un creik. Si girò e si allontanò, lasciando in quel

punto la tipica doppia macchia di lacrime e seme.

Entrò nel campo di Bas, e lui la catturò.

- Mi vuoi spegnere, Bas?

- Se vuoi… ma ti ho spenta poco fa

- Mi piace spegnermi… e tu mi annoi

- Ti annoio… e che è la noia? già, quella cosa del tempo, dell’insignificanza…

tu ancora ci credi…

Gkino era levigata e dura, e disattivando il sensore sembrava la notte di michelangelo,

tornita, turgida, colle mammelle e il sesso sempre pompati, e il

corpo lucido protetto solo termicamente dalla maglia agluica. Ma se sentivi di

LIVIO BORRIELLO

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nuovo, era tutto un protuberare e stingersi, involucri che si spappolavano, e si

integrava nelle contiguità della matrice aion-chronos. Bas prese un bheda e

la spense, cercando una frase a effetto, qualcosa che incrementasse il gesto.

Ma non gli venne altro da dire che: Lo voglio. Tutti volevano tutto, di questi

tempi. I servi e i padroni, gli zoonti e gli ifmail, gli ifmeat, e i cavalli, e persino

gli algoritti e i prevaricanti. Era tutta una melassa, una colatura di intenzioni e

d’amore. Gkino sentì il bheda spezzarla, invaderla, e le sue funzioni annichilirsi.

Fu un istante, quello di un impercettibile passaggio, e cercò di cavarne

qualche pensiero, di isolarlo dallo sfondo.

Tacque… non c’era. Palpeggiò, brancicò, brancolò per un po’ nella morte,

compiaciuta… poi restò ferma. Dopo un lungo tempo, ½ p-x, Elia cominciò a

riattivarla. Era seccante e dispendiosa, l’operazione. Solita delusione. Aveva

aperto il campo, ma pochi avevano avuto qualcosa da dire, anche perché era

una giornata di raffica lixica, e tutti ne avevano approfittato per ammassarsi.

D’altronde, per tutta la giornata del ripristino, Gkino riusciva a percepire il

mondo con un senso di novità rigenerante, ad accorgersene.

– Andiamo pure noi ad ammassarci – propose a Bas.

Indossarono dei tubi d’aria più grandi, perchè per arrivare al cratere si doveva

attraversare con la vecchi Bianchina lo Scirocco6, dove in questa cronofase

volavano miliardi di ecatomosche. Si facevano largo nella nube densa e

tremolante che mandava in crash tutti i sensori, e diffondeva miasmi squassanti.

Un gruppo di ecatomosche riuscì a infilarsi per convezione nel tubo,

producendo quel tipico fastidio detto del moschino nella scarpa. All’ammasso

c’era molta gente, già a un buon grado di fermentazione. Qualche migliaio di

q…u tutti col campo aperto, colle maglie agluiche nei server, muniti solo del

casco di lattice infilato in trachea, che si beavano della reciproca materialità.

Sembravano olive ammucchiate, triglie stratificate, sedimi depositati. Prima

di inserirsi bisognava disattivare i sensori disedonici, sottoporsi alla DDT –

disintegrazione disettica tombale – e a una pesante copertura antirigetto e

antiantica, e poi via nel cratere. Pelle a pelle con tutti, scorrendo uno sull’altro,

godevano della sospensione del discontinuo, e annullata ogni individualità,

dell’estasi dell’inorganico. Tutti avevano ingurgitato in abbondanza liquidi e

solidi primordiali, orecchiette coi broccoli, vino, pesci, bucce di archeofrutti,

frattaglie umane e bestiali putride, e ora se le espellevano uno sull’altro, succhiandole

avidamente, rivomitandole e leccandole di nuovo. Gli ani roboavano

in un fragore apocalittico, i liquidi acidi gorgogliavano generosamente dai me-

ESERCIZI PER ACCORGERSI DEL MONDO

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ati, e in una perfetta armonia ciclica ogni piacere deiettivo dell’uno diventava

piacere introiettivo dell’altro. Gkino e Bas preferivano quel vecchio cratere

fondamentalista in cui erano bandite e disdegnate le fluorescenze fecali tanto

di moda, e la pasta cloacale aveva la consistenza putrida e i colori novembrini

che solo i veri coprologhi sanno apprezzare. La grassezza fluida dei materiali

permetteva di scivolare senza attrito, di sgusciare in ogni anfratto di carni – le

carni eterne, immarcescibili – in una felicità da lombrichi e da batteri. In una

sola convention Gkino era capace di introdurre e far ricircolare 6-7 intere colonne

fecali, in parte ributtarle, in parte digerirle, e riespellerle festosamente

a beneficio dei suoi simili. Ma se gli escrementi prevalevano quantitavamente

nella miscela, erano ammessi nell’ammasso: sperma, liquori, sangue, saliva,

lacrime, parole, volizioni e sentimenti.

Era in una simile intimità e infimità che era possibile ristabilire autentici rapporti

sociali, fare conoscenza con potenti e mediatici i cui insigni ani si potevano

riconoscere con gioia e eccitazione a un palmo dal naso, distinti in genere

nella nube carnosa dalla loro maggiore potenza e bianchezza, e talvolta

imbattersi persino in qualche rara scifter d’ovuli. Da tempo ormai la sessualità

di tipo arcaico era stata azzerata dalla visibilità somatica e dalla fine dei divieti,

ed era stata surrogata da un celibe ipergonadismo regolato interamente

da impulsi sincretici e ricombinanti sintetici, che però solo eccezionalmente

era fertile. Le nascite naturali costituivano avvenimenti eccezionali, circondati

sempre da quell’aura di numinosità e terrore che incutono tutti gli eventi

primordiali e violenti, e i pochi nati naturali, se da una parte godevano di una

popolarità planetaria e di numerosi privilegi regali, dall’altra erano braccati dai

gastreodi, perchè considerati più appetitosi, e vivevano nel terrore di essere

divorati. D’altronde, non c’era vera differenza fra i replicanti, come gli ifmeat,

e gli antrophus: se la carne riprodotta era carne sentiva e agiva come una

carne. La differenza era solo estetica (valoriale)… o di qualità, ma a vantaggio

degli ifmeat… l’anima, negli uomini, consisteva infine in una vena di idiozia,

in certe riottosità, in certe angosce… in certe inclusioni di nulla nella sostanza

fisica integra.

Ad ogni modo anche Gkino e Bas si erano conosciuti lì al cratere.

Dopo qualche ora rifecero il DDT e tornarono fuori, inebriati da un rigenerante,

convincente e produttivo senso di schifo. Era una cosa che li faceva sentire

prossimi a se stessi. Dopo non se ne parlava, ma si recuperavano i contatti

stabiliti e si risocializzava.

Subito dopo seguiva l’Equalizzazione, i primordiali, che avevano optato per la

LIVIO BORRIELLO

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Legge della forza, erano mandati nudi e a mani nude in una gabbia di tigri, ad

espiarsi.

- Vuoi venire alla scogliera di segni – chiese Gkino – Ci sono stato oggi. È

bello.

Tornarono insieme a guardare il gas.

- Domani debbo rifarmi le leggi – disse Gkino – È un groviglio inestricabile,

ora le vecchie confliggono con 6-7 bande.

- La legge è uguale per tutti – osservò Bas.

- Già… è come la morte… o come la stupidità.

Il senso dello spazio che si godeva ora dalla scogliera era illusorio, sotto il

gas c’erano 600 miliardi di q…u. E la scogliera libera su cui poggiavano era

virtuale, bisognava prenotarla con mesi di anticipo. Figuriamoci, per avere uno

spazio come quello, servivano ben altro dei loro quattro crediti mediatici. La

situazione era quella da quando si era sgonfiato l’assurdo bleff dell’esplorazione

spaziale, e non sarebbe cambiata. Da che si era capito che nello spazio

non c’era senso, anche se ci potevi portare l’ossigeno.

Girovagarono fino al Fiore, enorme, smagliante, vellutato, umido e ondulato, a

pieghe e pliche, sensuoso e ammaliante come un’antica donna. Incisa con un

vecchio laser artigianale su una pietra, sotto la teca, c’era una scritta: AFAIS

– che non si sa che significava, era una delle vestigia sparpagliate qua e là,

tutte protette da sequenze fulminanti. Gkino e Bas guardarono dentro di sé, e

videro dio, come un verme, imbozzolato nel linguaggio, che si torse pigramente

per un istante, e poi tornò immobile.

4 commenti:

  1. niente male. mi verrebbe da esclamare: bheda!, sei sulla giusta arafai ("strada" in Hyronico antico).

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  2. ok...ma che sia proprio quella, la mia arafai, ho seri dubbi...

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  3. beh, sono contento che tu abbia smentito alcune tue forse affettate dichiarazioni tornando al genuino roboare d'ani di questo raccontino per così dire tradizionale.
    : )))
    m'è proprio piaciuto: gran bel protuberarsi ammassato di parole (eh, calzante l'idea delle parole in coda ai liquidi organici "sperma, liquori, sangue, saliva, lacrime"). e confesso che se tu non avessi accennato in incipit alle frattaglie elettive *aderenziali* post-chirurgiche, avrei giurato che l'occasione fosse piuttosto quella del make-up trasgressivo di kasia snutniak a cena all'eataly di roma con domenico profacci...
    notevoli le invenzioni (organiche, inorganiche e disorganiche) disseminate un po' ovunque a far da contrappunto all'appariscenza esatta (che è legge uguale per tutti) nonché a smascherare l’immoto rapimento mistico di ani a un palmo dal naso (della serie, quando l'estasi è stasi, eheheh).
    insomma, sarà che hai somatizzato in modo liturgido il senso di schifo, ma la messa all’ammasso è ben resa. addirittura incondizionata, direi.
    : )

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  4. malos cogli bene alcuni punti chiave del raccontino... voglio precisare che la scena dell'ammasso, oltre a metaforizzare alcuni aspetti della politica attuale, è stata scritta pensando in qualche modo a facebook... con ciò non voglio demonizzare questo canale di comunicazione, che è certo potente e utilizzabile positivamente (io non lo faccio..) ...ma additarne magari alcuni aspetti, o alcuni rischi...

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