venerdì 11 dicembre 2015

per pietrantonio arminio + manomissioni


pietrantonio arminio non è più, come si dice, o forse è ancora, in qualche modo. la sua malattia è stata drammatica, devastante, ma aveva non solo lasciata intatta, ma acuminata la sua straordinaria intelligenza, il suo spirito da lottatore, da splendido e sgargiante combattente. il pietrantonio che vinceva sempre la battaglia con la materia nelle sue sculture, il pietrantonio che ripuliva di ogni traccia di retorica i suoi lavori e le sue parole, il pietrantonio che si presentò al suo matrimonio con una cravatta di gomma ...lo ricordo con un suo scritto, e con la breve analisi che gli dedicai qualche mese fa. non gli piacque molto, la mia analisi, la trovò troppo personale, e poi dispersiva, mi scrisse...ma io non me la presi affatto...lui aveva tutta l’intelligenza, e con l’intelligenza tutto il diritto di criticarmi...con pietrantonio ogni contrapposizione era quello che deve essere, un confronto fra uomini, che stanno in questo mondo un po’ per caso e un po’ provvisoriamente.

allo scultore è delegata una funzione civile che diventa sempre più preziosa e vitale nella nostra società: quella di conservare il rapporto con la materia, ovvero con quel che siamo essenzialmente. l’artista visivo lavora con le immagini e le forme anche quando produce installazioni, lo scultore è propriamente colui che ha competenza e sensibilità per la materia, colui che capisce la materia. pietrantonio arminio è forse soprattutto uno scultore, una persona la cui carne avverte l’adiacenza e la continuità col suolo, col metallo, con la sostanza atmosferica, con quella biologica: è colui che sa – che sa nelle sue mani, che sente nei propri nervi – di essere una diversa riorganizzazione delle cose, coessenziale alla pietra e alla terra e solo apparentemente autonoma. forse solo coloro che hanno la forza nervosa e la purezza passionale per dirsi veri scultori possono raccontarci il cuore del mondo.
p.a. ha visto il mondo, ha auscultato la materia, ha consonato e consentito agli oggetti, e cosa ci racconta? ci racconta dei blocchi di ferro che emettono plastica. le sue ultime micro-sculture sono delle ganghe manufatte, dei semilavorati di ferro e acciaio, da cui frusciano frange e volants ritagliati dalle buste della spesa.
sono piccoli pacchetti pesanti, densi...arminio ha scelto il materiale che ha la massima concentrazione atomica, la materia più materia, la solidificazione del momento più incandescente della nostra porzione di universo... da questo oggetto ha visto schiumare il frivolo, il frusciante, i fronzoli rosa di piccole e inconsistenti lingue di cellophane. anche il rumore che emettono è un rumore residuale del mondo: è quel frinito che ci resta insensibilmente nelle orecchie quando riponiamo le buste della spesa, è quella musica un po’ triste che accompagna il nostro ritorno dopo la “raccolta” di frutti e pezzi di animali nel supermercato. ecco, noi viviamo in questo mondo qua, nel mondo il cui sangue, il cui dna, la cui polpa, la cui lingua è questa schiumetta deperibile, questo polimero fatuo e sgradevole.
perché a. oppone il ferro al cellophane? per rendere più violento e espressivo il contrasto fra naturale e denaturato. per creare un effetto incongruo come quello delle pubblicità in mezzo a un film. perché il ferro essuda, sanguina, estrude cellophane? perché lo contiene. la tesi che più probabilmente sostiene arminio è questa: nel mondo circola cellophane, dentro il ferro si è insinuata, o forse già c’era, questa sostanza rosacea e floscia, questa pellicola moscia. l’inorganico si è risvegliato dal suo stato letargico, ha “preso coscienza”, si è rivelato in questa proliferazione ordinariamente mostruosa....come è accaduto questo? non si sa...ma da che rutilava il sangue, ecco che fruscia il polimero. o in altri termini: il mondo è intimamente artificiale, noi siamo fatti, parafrasando shakespeare, della stessa sostanza della plastica.
macchia pubica, la chiama lo stesso a., e non capigliatura come può apparire immediatamente – a indicare la sua intimità, essenzialità, prossimità a un luogo radiante e generativo del corpo. la plastica è l’essenza dell’uomo – è un’altra formula ricavabile – e se l’uomo è l’essenza del (nostro) mondo, la plastica è l’essenza del mondo. un’essenza intrusiva, contraffatta, manomessa, riprodotta, tanto più finta quanto più perfettamente svolge la sua funzione imitativa. la plastica (nome) essendo plastica (attributo), può diventare tutto, può sostituire il mondo con un “plastico”. sarebbe il corpo del mondo, perfettamente disanimato, il mondo senza dio, perfettamente spiegabile e controllabile perché perfettamente umano. il corpo estraneo a se stesso del mondo. il sogno – e la hybris - dell’uomo, in definitiva.
a. fa i conti in queste piccole sculture con un problema decisivo, il problema dell’artificio, della tecnologia, dell’alterazione del mondo, della sgraziata, tracotante e gratuita intrusione dell’uomo nel mondo, e lo fa con un gesto semplice e esatto. non cercate ovviamente in queste opere nessun effetto visivo e formale (anzi, evitate di farlo pena la confusione di questa invenzione rigorosa con vari lavori kitsch sul recupero che si vedono in giro)...vedeteci solo la rappresentazione cruda e beffarda di una ferita...la lunga, disseminata, interminabile ferita che incide la plastica -  che incide la presenza dell’uomo stesso - nel mondo. (testo del 22-8-15)

  

Note dell’autore di Pietrantonio Arminio

Direi,per adesso,che nelle ultime opere la sintassi è costruita su uno schema di pura “ energia”.
Calore e fiamma mischiati a derivati del petrolio. Prodotto di siderurgia e profumo di cosmesi. Le
lamiere estruse hanno il grigio di officina, l’unto del grasso protettivo. Su di esse si spegne ogni
anelito organico, si assorbe ed azzera ogni folclore o barlume di luce. Il carattere si può definire
introverso e nero; come nera è la pupilla che vigila su di esse. Un velo scuro in una cornice di pure
simbologie compositive. Si può etichettare come testo biblico o uno spartano spaccato urbano
scandito da abbaglianti trame di nylon. cellophane pettinato dal vento che simile all’ edera sale e
riveste le facciate di acciaio.Petrolio derivato sulla lingua unta di spigoli taglienti.
Spezzettato o, meglio, strappato in sottili filamenti, si compatta in ordinate forme geometriche al
pari di una efficace legione romana in assetto difensivo. A distanza appare come cespuglio--‐ natura rossa in una architettura di velluto la definisce Il polimuliebre A. Gemmo--‐ ciuffo vegetale di colore acceso, macchia pubica o peluria ascellare, setole inclinate sul forte avambraccio di satiro
danzante. Accarezzarle diventa un gesto usuale ed obbligo istintuale per capirne la valenza
emotiva, la carica di sensualità latente. Insieme--‐ ferro e nylon--‐ danno vita ad una unione di ibridi capaci di sottrarsi ad un destino di infertilità procreativa. Il resto lo lascio alla vostra sensibilità, alla capacità percettiva dei vostri sensi, ma anche alla consapevolezza che un’opera non deve apparire chiara nel suo aspetto e significato, ma svelarsi nel tempo della coscienza, rivelarsi quando il chiasso intorno a noi cessa e con esso il nostro respiro. Il momento dell’arte, forse, è il momento della morte intesa come perpetuarsi di energia subatomica , che, come volute di un’onda, travolge e trascende ma suppone,di riflesso, il ritorno ad uno stadio ipersensibile non del tutto neuronale ma caparbiamente umano. P.A.A

2 commenti:

  1. mi piace pietrantonio arminio.
    e mi piace l'idea di conservare il rapporto con la materia e nel contempo - quasi a scarnificarla fino a limite dell'ossimoro - di manometterla. penso che potrei passare ore ed ore a *nanomettere* la reatà (a proposito, non so se sai che gli amici, per ovvi motivi di bassa statura, fors'anche morale, mi chiamano "il nano malefico", n.d.n.). solo che la vita continua a travolgermi, come volute di un'onda, e devo fare i conti con queste piccole strutture - un problema, ma anche una risorsa decisiva - che mi s'arrampicano addosso anche in questo momento reclamando il babbopapà. vabbè, eniuei, caparbiamente umano seppure di riflesso, ritornerò.
    bacioni, abbracci e a presto
    : )

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  2. sul problema della bassezza trovi una bella scrittura...vedo che te lo poni spesso...ma lo sai, da napoleone a leopardi llo stesso berlusca nell'"addensato" si concentra spesso più energia... è un problema solo sociale, per i figli sei sempre un gigante...

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