domenica 15 maggio 2016

Foglio a 3 facce (Denaro)

questo post fa parte di una piccola trilogia dell’essenziale. seguiranno: felicità, tempo.
 


nel mondo determinato soggettivamente quando inizia l’essere inizia anche l’avere, come desiderio di incrementare l’essere. il bambino che grida perché gli è stato sottratto l’oggetto ha già sviluppato il sentimento del possesso, il bisogno di spargersi e diffondersi nelle aree spaziali che circondano il proprio corpo.
l’economia è la lingua dell’avere, il denaro è il macrosegno degli averi. attraverso il denaro è possibile lo scambio, e dunque la costruzione di ogni sistema sociale.
con la finanza lo scambio dell’oggetto significato è diventato scambio del significante. il denaro da segno è diventato cosa, da mezzo è diventato fine, e cioè valore. il denaro è un foglio a 3 facce, non porta scritto solo il suo valore nominale o nozionale, c’è una faccia che significa il significato del suo significato.

l’economia si occupa di lavoro, di produzione, di merci, la finanza di denaro. è dunque quell'attività che produce denaro attraverso il denaro: ciò che chiamiamo speculazione. non compra per ridistribuire, dislocare, "spostare nel mondo", ma per rivendere. assorbe nel gesto positivo il suo negativo. chi "paga" il guadagno dello speculatore (di colui che compra per rivendere), non "vede" ciò che compra, non si accorge che non sta comprando nulla. eticamente, l'atto equivale alla vendita di una scatola vuota, che sia stata dichiarata piena (nell'era della retorica della tracciabilità). 
chi paga non è presente, anzi non è nemmeno preso in considerazione. la speculazione contratta  semplicemente un ego, si tratta, si scambia un ego. non si scambia lavoro, tempo, né corpo che produce quel tempo. l'effetto nel mondo di questo atto, è semplicemente l'aumento del capitale dello speculatore. il bene trattato non è toccato. tutta la ricchezza moderna, si produce attraverso questo gesto incorporeo, sterile, intimamente prevaricatorio.

cos’è un cognato? nella cronaca e nella finanza registriamo in questi anni una preoccupante frequenza di cognati. un quotidiano attendibile intervista un cognato di nome pavani, che era riuscito a vendere azioni della banca popolare di vicenza, appartenente al soggetto di cognato zonin, a 1 milione e 700mila euro, pochi mesi prima che la banca fallisse e le azioni crollassero a zero. come è noto, il crack è stato pagato da 120.000 piccoli azionisti.

in effetti, cos’è un cognato? che c’entra la biologia, la materia organica di cui è costituito, il sangue, gli atti sessuali di un fratello di congiunto, il flusso di parole, non detti, emozioni fra 2 antropoidi con le operazioni della finanza? dunque nei numeri c’è sangue, ci sono rapporti, adiacenze, contiguità incomputabili, ci sono le conversazioni del dopopranzo avanti a un grappino invecchiato (ognuno visualizza una scena di questo tipo leggendo la notizia), c’è un bambino che schiamazza nei paraggi, c’è lo spazio vuoto fra la sedia e il tavolo, c’è il modo in cui la luce è fluita nei canali del corpo. l’economia è fatta di questa materia molle, che di solito è competenza della poesia o dell’anatomia. 


ciò che produce più ingiustizia e sperequazione nel sistema di vita contemporaneo non sono affatto i futili e spesso comodi bersagli della sinistra e dei sindacati, ma i derivati, di cui nessuno parla. ci ha provato grillo, ma si è accorto che rendeva poco in termini elettorali (più conveniente promettere il reddito di cittadinanza, la flat tax, l’aumento delle pensioni, tutto denaro sonante...), lo fa talvolta report, le cui meritorie denunce sono però spesso indebolite dal vizio giornalistico di suscitare scalpore a tutti i costi (cioè da un meccanismo di produzione, quello della notizia). i derivati – lo strumento paradigmatico della finanza – sono un sistema per intensificare il profitto, per moltiplicarlo smisuratamente, attraverso un'ipersignificazione, o in altri termini attraverso un sistema di scambio virtuale. non si scambia, condivide, accomuna denaro o merce reale, non si contratta tempo, lavoro, vita, ma un servizio, un impegno, magari una merce futura e inesistente attraverso un contratto a termine o una vendita allo scoperto. si paga solo il servizio, e dunque una percentuale minima, in genere dal 2 al 5%, del suo valore (il cosiddetto effetto leva).
è un meccanismo virtuale/quantitativo simile a quello che ha svalutato la parola su facebook, o il corpo e la sessualità attraverso la moltiplicazione esponenziale della immagini, e in generale ha sostituito la rappresentazione alla realtà. è una pornografia del profitto. una forma deodorata e sterilizzata di sfruttamento, in cui non si conosce il proprietario del frutto: la vittima è il sistema, non ha volto, e dunque non siamo responsabili della sua smorfia di sofferenza.
mentre giocando sui meccanismi istintuali più elementari, la sinistra neo-populista come la destra inducono indignazione su un falso problema come quello delle pensioni (di fatto nell’attuale sistema economico sostenibili solo con le riforme della fornero), o moraleggiano sui politici (di fatto corrotti esattamente quanto i cittadini), non si rendono conto o comunque non denunciano che tutta l’economia reale è totalmente asservita alla finanza. dalle ultime stime il sottostante dei derivati equivale a 670.000 miliardi di dollari, cioè 10 volte tutto il pil mondiale. il lavoro di 7 miliardi di persone incide quindi sull’economia 10 volte meno dei pochi click con cui immettono gli ordini poche migliaia di operatori di borsa, e spesso da macchine algoritmiche e bot. fra le dieci società più ricche del mondo, 6 sono petrolifere. ma se il prezzo del petrolio negli ultimi 5 anni è stato sballottato su e giù fra 130 a 30 dollari, non può certo dipendere dalle oscillazioni dei costi di produzione... figuriamoci che succede a quello delle patate. nel nostro mondo il prezzo di una patata e dunque le possibilità di sussistenza biologica del corpo consumatore di patate vengono determinati esclusivamente da click, ordini, speculazioni, manipolazioni. non è un’esagerazione paradossale, proprio così vanno le cose e proprio così si produce la nuova ricchezza da una parte, la nuova povertà e ingiustizia dall’altra, basta analizzare una qualsiasi classifica della distribuzione della ricchezza nel mondo per rendersene conto.

mentre misconosce le problematiche finanziarie, la nuova sinistra, asservita e psichicamente alienata dal tecnologismo, psichicamente migrata nell’agevole e superficiale spazio comunicativo di tv, web e iphone, ha perso di vista anche la questione economica essenziale, quella dell’ingiustizia sociale e della sperequazione dei redditi. il pensiero di sinistra è sostanzialmente confluito in quello liberista nel momento in cui è convenuto sul concetto di ricchezza meritata. la nuova politica è tutta mediatica, e per i nuovi costruttori e teorici del pensiero politico, divi televisivi strapagati, questo concetto era irrinunciabile. ovvio che la gente piuttosto che una sinistra che è andata finire a destra, preferisca oggi votare la destra che già stava là.

io stesso che moraleggio, e l’80% dei lettori italiani che statisticamente possiede almeno una casa propria, nella piramide mondiale della disuguaglianza ci collochiamo fra gli ultraricchi, quell’1% che è 100 volte più ricco del restante 99%. se come sostengo le parole devono avere un controvalore, la soluzione di questo problema è preliminare alla possibilità stessa di scrivere, di fare politica, o di dare insegnamenti ai figli.

non sostengo che non esistano differenze di intelligenza, di abilità, di produttività  e di impegno lavorativo fra gli uomini, ma che queste differenze, come quelle fra quozienti di intelligenza e fra ore lavorate,  non possono, nella dimensione umana, e a parità di lavoro, andare oltre un ordine di fattori di 2, 3, diciamo pure 10, come proponeva olivetti. warren buffet potrà avere un quoziente intellettivo di 200 e un disgraziato pastore dell’alto volta di 70, ma è impossibile che il rapporto fra i 2 QI sia di 43 miliardi a uno, e cioè corrisponda a quello fra i loro patrimoni.                                                                                                                         
qualsiasi differenza di remunerazione del lavoro che ecceda questi rapporti, è frutto di un meccanismo perverso - economico, finanziario, sociale, culturale, mediatico, logico o psicologico - generalmente un meccanismo inerziale - o di morte, direbbe freud - per cui la ricchezza produce ricchezza, il privilegio produce privilegio, il successo produce successo, e anche, altrettanto perversamente, l’amore produce amore. compito della sinistra dovrebbe essere, e non è più, quello di smontare questi meccanismi, e di ricostruirli in una forma socialmente regolata, reciprocamente limitata, e cioè equa.

entro 10-20 anni, pare, perfino il sistema bancario sarà sostituito da quello delle blockchain, la cui espressione finanziaria più nota sono i bitcoin, che sostituiscono un algoritmo pubblico condivisibile a un oggetto fisico privato. anche queste sono manifestazioni di quella logica epidemica, massale, inerziale, di contagio che caratterizza la nostra Era, e di cui osserviamo quotidianamente gli effetti nel web. è un bene? è un dato di fatto di cui dobbiamo solo prendere atto, per essere o sentirci moderni? io credo che possa essere un bene per alcuni aspetti, ma per molti altri un male, a cui bisogna opporsi con gli strumenti intellettuali e morali di cui disponiamo. e bisogna opporsi innanzitutto alla logica della massa e della crescita, primariamente quella demografica. lo sostengo parlando dal mio corpo, il che ho imparato a fare leggendo e scrivendo poesie. anzi direi: dall'alto del mio corpo.


al termine del corpo inizia l’avere, ma qual è il punto dello scambio, quello oltre il quale ciò che siamo diventa ciò che abbiamo? non è un avere anche l’unità psicosomatica che siamo? a un certo punto ci impossessiamo di un corpo, e della lingua che quel corpo produce. i 2 verbi grammaticalmente cavi, essere e avere, sono forse radicalmente intercambiabili.

non è possibile un mondo in cui si sia senza possibilità di avere. ma mi sembra che la comunità degli uomini non abbia imparato a fondare l’avere nell’essere, e in particolare nel modo di essere, intersoggettivo e linguistico, che è proprio della specie uomo. se scambiare l’avere è come scambiare l’essere, la nostra sopravvivenza dipende dalla correttezza di questo scambio, perché è qui che si producono l’etica e la politica.  



citazione (da abbecedario della sx)
non sostengo che non esistano differenze di intelligenza, di abilità, di produttività  e di impegno lavorativo fra gli uomini, ma che queste differenze, come quelle fra quozienti di intelligenza e fra ore lavorate,  non possono, nella dimensione umana, e a parità di lavoro, andare oltre un ordine di fattori di 2, 3, diciamo pure 10.
warren buffet potrà avere un quoziente intellettivo di 200 e un disgraziato pastore dell’alto volta di 70, ma è impossibile che il rapporto fra i 2 QI sia di 43 miliardi a uno, e cioè corrisponda a quello fra i loro patrimoni.                                                                                                                                    
qualsiasi differenza di remunerazione del lavoro che ecceda questi rapporti, è frutto di un meccanismo perverso - economico, finanziario, sociale, culturale, mediatico, logico o psicologico - generalmente un meccanismo inerziale - o di morte, direbbe freud - per cui la ricchezza produce ricchezza, il privilegio produce privilegio, il successo produce successo, e anche, altrettanto perversamente, l’amore produce amore.

 
siamo nell’età dell’inconferenza. si evita accuratamente ogni affermazione che abbia un contenuto reale, che “dica” e non proferisca soltanto il proprio corpo, che comporti un impegno. l’impegno viene sempre delegato a un’entità favolosa e astratta, in genere lo stato. in tal modo, il tornaconto personale viene trovato proprio nel momento in cui si dichiara di perseguire l’interesse collettivo. tutti si dichiarano contrari all’inquinamento, alle trivelle, alla tav, all’ilva, acquistando in tal modo credito e potere sociale, accrescendo la propria autostima,  salvaguardando la propria salute. quando si tratta però di dare un controvalore alla propria affermazione, tutti addebitano il conto a qualcun altro. nessuno rinuncia all’auto, o al cellulare per le comunicazioni più futili, o al prodotto agricolo cellophanato, insapore e standardizzato dai pesticidi del supermercato più vicino, il posto più adatto alla discarica non è mai il proprio comune. ovviamente tutto ciò incrementa il consumo energetico e l’inquinamento, ma l’inconveniente viene demandato alle leggi, alla norma, alle presunte “riforme” promesse da ogni politico. populismo come retorica del popolo, presto tradotto in elettorismo.
 

forse non è una questione di tempi, la massa è sempre stata così...ma è proprio di questi tempi l’aumento della massa ...
 

la vaschetta alimentare: ingombrante, inquinante, perfettamente inutile. insegna della retorica e della mostruosa intrusione dell’umano nel mondo, sostenuta da fobie igieniste e avallata da paranoiche direttive europee.
mentre da una parte si sprecano retoriche ambientaliste, dall’altra lavora la moderna fobia dei batteri - presenza satanica invisibile e malefica. si ignora che la vita è nata e si sostiene sull’azione dei batteri, e che sulle nostre mani appena lavate ce ne sono a milioni. si vuole disinfettare la vita, le passioni, fondamentalmente si vuole espungere la morte dalla vita, si vuole soffocarla, estinguerla per mancanza di ossigeno linguistico.
 

io stesso che moraleggio, e l’80% dei lettori italiani che statisticamente possiede almeno una casa propria, nella piramide della disuguaglianza ci collochiamo fra gli ultraricchi, quell’1% che è 100 volte più ricco del restante 99%. se come sostengo le parole devono avere un controvalore, la soluzione di questo problema è preliminare alla possibilità stessa di scrivere, di fare politica, o di dare insegnamenti ai figli.
 

concetto che ho già ripreso altre volte, e che è in realtà una connessione meccanica fra hegel e debord:

fino al cristianesimo il rango sociale è stato assegnato in base alla Forza, nell'età borghese in base al Danaro, nell'attuale società mediatica viene attribuito in base al Successo. Il nuovo Signore – ritenendo rischiosa e poco remunerativa l'eliminazione fisica del concorrente, disponendo di quantità di denaro che eccedono tutte le sue necessità – ha bisogno di una forma di appagamento più profonda e radicale: egli deve colonizzare la psiche altrui, occupare col suo nome e il suo volto lo spazio delle altrui esistenze, propagarsi nelle infinite retine, trombe di eustachio e neuroni del mondo


denaro e successo si corrispondono, perché riportano la qualità alla quantità, nel caso del denaro sostituendo al valore d’uso (ovvero alla sua qualità specifica) il valore di scambio (che è solo una quantità), nel caso del successo rinunciando al valore intrinseco della persona per quello della sua rappresentazione. è questa rappresentazione misurabile che emette valore, tutto passa per il numero dei click su facebook, per i contatti sui media, per i voti, per la visibilità. ed il successo è un altro dei meccanismi fondamentali che oggi producono ingiustizia.

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