martedì 31 gennaio 2017

yuja wang e le pianiste mirabolanti

le pianiste sono in tutti i sensi creature mirabolanti, incroci fra automi, deità, bestie... meccanismi soffici... pornodive che eseguono impeccabilmente e gelidamente la passione più forsennata... portatrici del tempo, di tempi seppelliti, riesumatrici di vite agite in corpi di genii putrefatti.... fenomeni da baraccone bongiorniano... le ultime godibili in youtube sono in genere anche macellate fresche, splendide e splendenti, e accentuano questa polisemicità...


non diciamo poi se sono cinesi, se sono calate in un tecnologico, seriale, levigato corpo cinese, uguale a quello degli altri cinesi e degli altri uomini... per es. yuja wang, indubbio mostro di tecnica ma per sovrammercato, parrebbe, di sensibilità, umana sovrannaturale, fenomeno antropico per giunta divertita e magari anche simpatica.

le sue mani su youtube, ma suppongo anche in quella simulazione appena meno indiretta che è la realtà, sono quasi sempre indistinguibili, hanno il blur, il mosso – sono più veloci del 23esimo di secondo – sono come un organo estruso, o animali dotati di vita autonoma... sorvolano la tastiera come i colibrì del brasile... sbattono come farfalle psichedeliche... le dita vorticano come zampe di millepiedi, in un farneticamento coordinato... altre volte come granchi tropicali che schizzano sulla battigia, a filo d’onda... o si muovono a scatti felpati... altre volte galleggiano, corrono come nuvole sulla tastiera ma a volte piombano e attaccano le note come un’aquila in picchiata...

eppure sembra a volte che la musica meravigliosa cada in yuja in un meccanismo, pur  meraviglioso... macchina da scrivere sogni... ma attenzione, l’accusa non è di arido tecnicismo, semmai di tecnicismo della sensibilità, un uso tecnico del senso estetico e della sensibilità musicale... o suona o risuona comunque strano il suo corpo cinese percorso da emozioni occidentali.

ci si chiede come suonerebbe con un amante fra le cosce a lambirla ... morbosità gratuita? direi che è esattamente la domanda che si aspetta yuja, che indossa in genere minidress a filo di gluteo, e schiude non poco le gambe – chiare frecce segnaletiche dell’inguine – nell’enfasi interpretativa... questo anzi disturba un po’, se il contenuto che scorre in quelle cosce che sviano l’attenzione è una dolorosa armonizzazione schumanniana...vulva acrobatica sui tacchi ridicolmente alti.

a volte boccheggia, le entra in bocca la musica... il volto da primitiva, prognato, scimmiesco e la mano servomeccanismo cibernetico. in realtà sembra tutt’uno con la musica e il tempo (ad es. quando suona il rachmaninoff n. 2), è un mantice tonale, che inala e espira tempo... la sciamana si fa musica, si fa altro tempo... il corpo è quasi abolito, non è più un intralcio... non fa più attrito.... la musica attraversa il mezzo umano senza rumore di disturbo, come un perfetto hi-fi...ma anche come le parole di un illuminato...

yuja e il pianoforte si saldano, diventano un corpo unico e solidale, che è animato medianicamente dalla musica.... yuja vuota, negata... muscoli e nevroglia, fegato e acquitrino di umori e fluidi, percorsi dalla musica come la rana dalla corrente galvanica... le mani funzionano come un muscolo involontario, con la stessa implacabile e inesausta esattezza degli organi vitali... attraverso questo elemento, questa cavità, questo anfratto, passa il soffio del tempo.

la contemplazione e la valutazione sono sostenute da un piacere sadico e secondo il luogo comune  tipicamente cinese (si pensa alle fasce dei piedi e alla proverbiale tortura della goccia)... la pianista si infligge un esasperante studio, lo spettatore gode di quella costrizione e contenzione innaturale del corpo, e poi del rischio che la pianista cada nell’errore, fratturandosi l’osso del curriculum. è evidente che il godimento è moltiplicato se, invece del vecchio e commosso horowitz, a patire è una carne fresca, viva, palpitante, tiepida. le spalle nude della pianista fremono, costrette nella meccanica inflessibile che l’autorità indiscussa del testo pianistico – il master dei giochi bdsm – impone, ma indomite, recalcitranti. l’agnello sacrificale deve essere tenero, ignaro e innocente.  vero è oggigiorno deve essere bella anche la cantante, e perfino la scienziata e la politica...ma questo è un altro ben noto discorso.

le coriste che cantano la messe en si di bach non sono altrettanto portentose, impeccabili, accattivanti e spiritose, ma nel cantare sono più belle, perché aprono la bocca e bach le attraversa, abbellisce e rende fluorescenti. (o luccicano come le onde di quell’oceano interminato di linguaggio che ha significato bach, impapocchiando i tremolii e le ripercussioni del corpo umano, dei legni, dei metalli e della pietra...).

diceva cioran che se c’è qualcuno che deve tutto a bach, è proprio dio... con questo, non fu insolente, ma capì quanto dio, il tempo e il linguaggio coincidano con la musica... per questo forse la musica ha bisogno di vestali, di sacerdotesse, belle o brutte, che si annullino nell’esattezza tecnica o nella carne, che credano.

2 commenti:

  1. sì, credo anch'io (che anche nella realtà c'è il blur). o almeno le scutigere ce l'hanno (su Yuja Wang invece non garantisco, almeno finché non capiterà che mi corre sul soffitto in camera da letto, allora verifico). però la musica così diventa un mero gesto atletico che non arriva a emozionarmi. ho fatto un giro su Iutubo per due video della Wang chiosando, come ti avrò già detto altrove, che la perfezione è algida divina, nonché noiosa, per cui trovo incantevolmente umano proprio l’essere l’imperfetti: un gorgheggio biascicato lo-fi al limite della stonatura di Barrett vale 1000 ore di Wang in perfetto hi-fi. in alternativa, per coinvolgermi, col pianoforte (piano e forte) l’amore devi farcelo davvero (non ammiccarlo in simulacri acrilici col minidress), come ad esempio ‘sta tipa qui che tempo e musica li ingoia e li rivomita davvero pulsanti di liquidi organici e chimo euterpico https://www.youtube.com/watch?v=wpNdHU6N9-8&feature=youtu.be
    per il resto le carni fresche e sexy della Wang hanno la stessa funzione di mercato delle tette di Sabrina Salerno (telaricordi?) e hai ragione, questo è un ben noto discorso vecchio quanto il mondo.
    chiudo parafrasando Cioran (se c’è qualcuno che deve tutto agli uomini, è proprio dio... eh, mi piace essere insolente e dire le cose come stanno) nonché parafrasando te (la musica ha bisogno di vestali, di sacerdotesse, belle o brutte, che si annullino nel bisogno)
    : ))
    piuttosto, a parte il piacere sempre vivo come il tvcolorphilips di qualche decennio fa nel leggerti e comunicarti qui, mi piace l’idea di riesumare e condividere l’otaria di Rio su neobar. ti mando una mail (non cestinarla).

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  2. grazie innnazitutto per l'attenzione... pare che lo spazio commnenti è diventato un dialogo a 2, ma forse hai ragione, qualche buon attento lettore vale più vale più della masse (buone per i cialtroni con cui Baudelaire aveva visto trincare la Gloria)...grazie anche per la segnalazione di questa pazza di amanda palmer... non sono però riuscito a tradurre il testo... mi pare simpatica, sulla sua musica il discorso sarebbe complesso, come lo sarebbe su quel che dici di yuja, che però sostanzialmente condivido. mai cestinata una tua mail... mi fa piacere se fai girare rio l'otaria... a bientot.

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