domenica 14 maggio 2017

una volta qui

per me il mondo è una continua festa, la festa dell’essere prominente dal nulla


che tipo di legame ho con un tessuto sfatto, tremolante e gelatinoso, quasi marcio, con la pappa biancastra, conducente, capiente, che sta intorno e interna a me, al mio scrivere?

il mondo è rado e sta tutto nei suoi addensamenti, nelle sue masse, siamo asterismi che camminano negli spazi del parcheggio... sono un addensamento della materia vagante sulla consistenza dell’asfalto, un cui punto fa scrittura.
 

anche un pezzo della mia guancia è proprietà pubblica, fa parte del mondo, ma io ci inietto delle parole, e lo rendo mio  – parole del mondo che hanno impregnato striature, lamine, glia, rughe nel mio osso cranico


in che senso tutta questa frattaglia, questo viscere all’interno di una certa sacca di pelle è mia? e lo è anche di notte, o se sono distratto?


dice uno: faccio un figlio... mi compro una psiche, annetto una psiche, che però sta in un altro corpo, e alla lunga dipenderà da quel corpo, e divergerà da me (così comincia la faccenda...)

l’io è una grossa bestia diffusa, un organismo di lingua, di discontinuità, scarti, spigoli, di cui si vanno ad appropriare svariate masse – che vanno a inglobare e segregare svariate vesciche di epidermide... è in questa operazione di collocazione, di adeguazione di una massa a uno spazio di lingua, che si produce il sentimento di identità... ed ecco che ci appiccico un nome, un cartiglio, LB, e è fatta una roba umana...

se c’è una parola, c’è un corpo – se è parlata e fatta dal corpo, se è firmata, perfino se è prodotta da un computer (quello del programmatore).  se una parola fosse prodotta da un piccione, quel piccione sarebbe un uomo, una nuova forma di uomo. una parola è sempre una configurazione, una postura, un’azione, è sempre politica, è sempre storia. una parola è un moto di filamenti aerei o grafici, un processo di estensioni fisiche di quest’uomo, che qui sono io. che convoglio e sagomo io.
 

tutti quanti si portano appresso i corpi, se li aggiustano, li accudiscono, gelosamente *se ne prendono cura, li valorizzano ne hanno cura, *quasi un culto, gelosamente *e maniacalmente,  pensando che siano loro...


il mio corpo è un morto che io manovro... ma il mio io è segni morti, configurati in quel supporto, che una grossa bestia manovra... e questa bestia è il mondo stesso
 

il piccione che vola sono io che vola, è un ritaglio di io ornitoforme che si sposta, che si permuta in me, da un punto antenna e un punto tetto...

il ragazzino bloccato dalla foto a mezz’aria, nel 1975, sono io

x che arriva nel sogno, inaspettatamente, come arriva nella realtà, è un me piccolo che arriva, un xesimo di me

e io sono quello della foto? e mm nella foto è lei? solo perché quelle luci hanno trapassato quel corpo...ma era un’altra la mia voce, tutti sostituiti i miei pensieri, tutti ricostruiti i ricordi... nessuno è mai esistito, nessuno si è mai perduto... il passato è una massa sperduta laggiù, abbagliante e straziante...

crisi violenta di passato, guardando delle fotografie... boccheggio... e c’è gente che non ha neanche il passato...

il jolly hotel, pure questa roba che si schianta nella volta, nell’una volta

il sempre è fatto di volte, di tanti una volta. lo spazio è fatto di qui, di una progressione di qui. noi ci convinciamo che tutti questi una volta, tutti questi qui fanno la pappa del cervello, ma in realtà tutto esiste una volta qui.

io devo fare solo il fruitore di opere d’arte, tutta questa vanità, tutta questa ambizione del produrre opere d’arte non mi si addice... ma in effetti io scrivo solo queste frasi che si producono da sole

perché stanotte ho sognato tanti topi? problemi di digestione, pressione, cervicale, o sono le solite ansie e delusioni esistenziali? quali problemi in questi giorni? soprattutto etici... destra, sinistra, parenti finti idealisti, gente al lavoro, giovani, scrittori narcisisti mi sembrano tutti omuncoli, truffatori di se stessi, ladri, topi...

il topo non riconosce la proprietà, è un animale comunista, il topo mangia, si comporta, fa il topo, perché non si è accordato con me sul significato delle parole che ho iniettato nel formaggio e il biglietto di soldi che lo ha acquisito.

ma io ho più carne del topo, e anche del barbagianni che lo mangia, e con la mia ramificazione di filamenti sonori e grafici anche più della balena.
 

stasera di nuovo c’è il mondo

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